Era disteso sul prato all'ombra dei platani, ascoltando il dolce fluire delle acque del fiume, mentre il profumo dell'erba fresca del mattino si mescolava alle note armoniose dei fiori di gelsomino del vicino bistrot.
Alle sue orecchie arrivavano le incitazioni degli allenatori della scuola di canottaggio, gli strilletti dei bimbi che con i nonni attraversavano il parco e, soltanto in lontananza, il rumore di sottofondo della città.
Dominique amava quella città, amava la dimensione di quiete e la sensazione di pace che ogni volta che vi si recava lo pervadeva. Aveva vissuto pochi mesi tra i palazzi antichi, le piazze e le colline di quel salotto un pò nostalgico e dalla forte ispirazione francese, eppure quel periodo aveva lasciato dentro di lui un'impronta profonda. E adesso, come altre volte nei mesi precedenti, aveva accolto con favore questa breve trasferta, lontana dai cieli un pò grigi e dal traffico impazzito di Parigi.
Una notte ed un giorno da spendere, finalmente, lontano dalla routine. Era un pò affannato in quel periodo per i delicati impegni professionali e per le inaspettate prove che la vita gli aveva posto.
Ma la sorte aveva voluto che in quei giorni una nota rivista avesse deciso di proporgli un nuovo reportage.
L'idea lo entusiasmava, gli aveva dato nuova adrenalina dopo lunghi mesi in cui i suoi articoli erano stati incentrati prevalentemente sulla posizione assunta dagli Stati e dai cittadini nei confronti dell'Unione Europea. Un argomento certamente interessante che aveva approfondito con numerosi viaggi ed interviste, sicuramente stimolanti, ma che lasciava sempre in lui una sensazione di disagio, di disappunto, se non, in alcuni casi, addirittura di fastidiosa impotenza. Non gli piaceva la gestione delle politiche nazionali ma ancor più si rammaricava della scarsa incisività del ruolo degli organismi europei, che non riuscivano ad espletare quella funzione di garanzia e di effettivo coordinamento che sarebbe loro spettata.
Ma adesso una nuova sfida si affacciava nella sua vita professionale: un reportage sull'ascensione in free-solo di una montagna fino a quel momento considerata inaccessibile in quella modalità.
L'altro emisfero e una nuova avventura lo attendevano.
Avrebbe raccontato i momenti precedenti l'ascensione, quella sensazione mista di impazienza, paura, invincibilità...e poi avrebbe raccolto il racconto delle emozioni degli alpinisti durante la salita e avrebbe raccontato le sue stesse emozioni nello scalare quel ghiacciaio, la trepidante attesa, il timore sui passaggi più ardui, l'esaltazione e la gioia al raggiungimento della vetta.
Il suo reportage avrebbe fatto il giro del mondo e, da appassionato di alpinismo, il suo unico desiderio era quello di riuscire a trasmettere ai lettori le sensazioni che solo la montagna è in grado di suscitare. Perché la montagna per lui non era solo passeggiate tra i boschi, polenta nei rifugi e calde serate davanti al camino...la montagna era passione, sacrificio, impegno e rispetto. E ancora una volta aveva la possibilità di essere testimone e, in parte, protagonista di tutto ciò.
Nel pomeriggio l'attendeva una riunione con il direttore della rivista per fissare i dettagli della collaborazione e della spedizione.
Era impaziente e carico di energia, ma allo stesso tempo desiderava godersi il senso di pace di quelle ore, aveva voglia di fermarsi un momento, sentir fluire le sensazioni dei giorni precedenti e lasciar scivolar via da sé ciò che l'aveva turbato.
Mentre seguiva il filo dei suoi pensieri un fiore di magnolia attirò la sua attenzione. Quel fiore gli era sempre piaciuto, non solo per la delicatezza e la purezza dei suoi colori e dei suoi petali, ma anche per la sua profonda capacità di adattamento che gli aveva permesso, nei secoli, di svilupparsi e crescere nei territori più disparati, dall'Europa, al Nord America all'Asia; per la sua forza che gli consentiva di resistere, nonostante l'apparente delicatezza, anche negli ambienti più ostili come l'Himalaya; e per l'essere simbolo, nel linguaggio dei fiori, di valori come la dignità e la perseveranza.
Quel fiore, sprigionando il suo profumo e imponendosi con il bianco dei suoi petali tra le foglie verdi di quell'albero così imponente, lo aveva riscosso rammentandogli al contempo come anche un momento dalle opache sfumature di grigio possa tornare a colorarsi di tinte calde, vitali, dolci e allo stesso tempo cariche di passione.
Quella mattina di libertà capitata per caso aveva avuto su di lui un effetto rigenerante.
Come l'ancestrale ed inconscio presagio di morte dinanzi ad un eclissi si dilegua appena il sole riappare in tutto il suo colore, così nell'aria leggera e profumata del mattino, l'eco di quelle sensazioni che l'avevano turbato lo abbandonava senza lasciare alcuna traccia nella sua vita.
Dominique si era reso conto, ancora una volta, di come niente e nessuno avrebbe potuto piegare la sua vita e le sue certezze, di come niente e nessuno avrebbe potuto sottrargli ciò in cui profondamente credeva. Perché nessuno poteva neanche immaginare quale fosse la forza del suo essere e di ciò che aveva costruito.
Gli tornò alla mente una frase che aveva sentito durante un viaggio in Arabia alcuni anni prima e che non avrebbe più scordato: "non può un vento caldo, che si insinua tra le oasi, cancellare le dune del deserto perché esse si trasformeranno sempre, ma nulla potrà mai distruggerle".
Il suo sguardo si riempii di nuovo delle note colorate dei suoi pensieri e delle sue emozioni, nelle sue vene ricominciò a scorrere impetuosa la vita e nel cuore riecheggiarono i suoi battiti, forti e vigorosi.
E con l'invincibile fierezza di chi ha la consapevolezza di aver vinto si issò in piedi e, raccolto il suo zaino, con i riccioli che ricadevano sulla fronte corse incontro alla nuova meravigliosa avventura che di lì a poco avrebbe vissuto.
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